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Ho letto la storia di DeepNude su Punto informatico (qui), ma la notizia sta facendo il giro del mondo: su Wired, The Verge, AGI e così via.
La storia è semplice: un tizio che si fa chiamare Alberto che proviene dall’Estonia, ha creato un programma che permette di prendere la foto di una donna vestita e, magicamente, svestirla completamente.
Ha deciso di rendere pubblico il suo programma, sia in versione gratuita che a pagamento (chi dice 50, chi dice 99 Dollari), e nel giro di pochi giorni è stato scaricato da migliaia di persone. Non sappiamo quanti, di queste migliaia, hanno anche pagato per la versione premium (che a differenza di quella gratuita, inserisce una filigrana molto meno evidente nella foto), ma comunque, il nostro caro Alberto qualche soldino se lo è intascato. Ha detto di voler restituire i soldi a chi ha comprato la versione a pagamento, ma solo a quelli che l’hanno comprata e non l’hanno ancora attivata.

Eh si, bravi tutti così: se compri un programma di questo tipo, appena hai finito di scaricarlo lo installi e lo attivi, non è che lo lasci li nella cartella dei download. Vabbè, lasciamo perdere.

Poi è successo che il suo server non ha retto il carico, lui si è fatto un esamino di coscienza (e non è chiaro se l’esame di coscienza sia partito effettivamente da lui o da qualche messaggio “poco gentile” che ha ricevuto) e alla fine ha deciso di chiudere baracca e burattini. Fine della storia, fine del programma.

Ma come ben sappiamo, la parola “fine” in Internet non esiste: ci ho messo meno di 10 minuti a trovare una copia del programma, in versione premium.
Inoltre, e non mi sembra di averlo letto da nessuna parte, la versione premium che ho “trovato” non aggiunge nemmeno i bollini “fake” alla foto, lasciandola perfettamente in chiaro.

L’ho provata, ovviamente, e il risultato dell’elaborazione è tutto sommato di buon livello: di certo, su una foto in alta risoluzione di una donna in bikini, correttamente esposta e senza troppi elementi di disturbo (cappelli, bracciali, foulard) il risultato è molto verosimile, ma la qualità scende velocemente usando foto di gente normale, che fa le foto con il cellulare e non si preoccupa di “dettagli” come esposizione e inquadratura.

In giro già si leggono pipponi (più o meno ragionevoli ) sulla moralità, sul fatto che “app come queste aggravano il fenomeno del Revenge Porn”, femminismi vari e qualche delirante commento da parte di benpensanti e compagnia cantante.
C’è da dire che non è nulla di nuovo: è da quando esiste la fotografia che esiste anche il fotomontaggio, ed è anche normale che nel 2019 il fotomontaggio lo possa fare un’intelligenza artificiale addestrata allo scopo.
Nessuno grida allo scandalo se l’intelligenza artificiale di Google oscura i volti dei passanti e le targhe delle auto in Google Street View, ma basta un’app che evidenzia la possibilità (che c’era anche anni fa) di creare dal nulla un paio di tette, e tutti si sentono in diritto di esternare la propria integerrima moralità.

A me sembra una provocazione dell’autore del programma, del fantomatico Alberto dall’Estonia, che nel frattempo è riuscito anche a farci qualche soldo. Se non è stata una provocazione, allora rimane l’intenzione di guadagnarci qualcosa, giocando sulle tendenze voyeuristiche delle persone.
Anche in quest’ultimo caso, non avverto un livello di immoralità più elevato rispetto a ciò che vedo in TV e nei giornali: trasmissioni come il Grande Fratello, “Isole” varie e giornaletti tipo Novella3000, che mostrano a milioni di persone (adulti e bambini) gli abissi profondi dell’ignoranza e della superficialità di persone reali, nel mondo reale. E abbiamo altre fonti di immoralità e degrado culturale: su Facebook e Twitter chiunque si sente in diritto di mostrare a tutti quanto è razzista/sessista/ignorante/gretto/incivile.
C’è gente che, tutti i giorni, dichiara apertamente di voler affondare barche, sparare ai “cattivi” (parola che, in base a chi la dice, può indicare un ladro, un assassino, un immigrato, un omosessuale, un politico, un attivista…) e via discorrendo, quindi un programmino che sfrutta l’intelligenza artificiale per mostrare due tette (artificiali anch’esse) su una foto reale non mi fa gridare al degrado sociale.

Ci sono plotoni di “professionisti” armati di Photoshop che modificano e falsificano foto da decenni, con risultati perfetti (e chissà quante volte abbiamo visto una foto che era tutto fuorchè reale), e non mi sembra che nessuno abbia promosso una campagna di sensibilizzazione all’uso consapevole e morale di Photoshop.

Tutta la faccenda mi ha ricordato i famosi occhiali a raggi X della ditta Same Govj, che negli anni ’70 e ’80 spopolava con le sue pubblicità di prodotti mirabolanti nelle riviste per ragazzi. Nessuno che conosco li ha mai comprati, ma un pò tutti li abbiamo almeno sognati. Quegli occhiali andavano bene perchè fasulli, e quindi tutto finiva con una risata; oggi invece nessuno ride, perchè non va bene che un software lo faccia sul serio. Mi sembra un comportamento ipocrita, tipico di chi si indigna pubblicamente per nascondere ciò che fa privatamente.

Perchè questo articolo? Per nessun motivo particolare, mi andava di scriverlo. In fondo, questa è “casa mia” e faccio un pò come mi pare, no? 😉




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