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Voglio parlare della mia personale esperienza con alcuni provider di servizi Internet,  soprattutto di quelli che ho potuto testare personalmente e sui quali posso dire qualcosa a ragion veduta. Non ne ho provati tantissimi: Aruba, RackSpace (tramite BitMovers.it), GoDaddy e HostGator li ho potuti testare sia per motivi personali che per lavoro, e qualche informazione utile ce l’ho. Magari serve…

Inizio con il primo provider,  Aruba, scelto nel lontano 2003  non tanto per i servizi offerti (ne capivo molto poco), ma più che altro per non farmi fregare il nome di dominio; meksone.com, si, proprio questo qui.

Aruba è una soluzione molto gettonata in Italia per via della relativa semplicità di registrazione del proprio dominio e per i prezzi più bassi rispetto alla media. Bene, Aruba era il più economico, ma adesso anche il fattore prezzo non è più competitivo con i concorrenti, Americani soprattutto. Il pacchetto base Hosting Linux+Registrazione dominio costa ben 30,66 Euro l’anno + IVA, quindi 37 Euro. Il servizio di posta incluso non lo considero nemmeno, visto che in giro c’è Google e la sua Gmail (anche in versione Google Apps, quindi legata al proprio dominio) che è gratuita, e il database MySQL è da pagare a parte.

Se parliamo poi dei servizi offerti, ci sono una serie di debolezze da non sottovalutare se dovete pubblicare qualcosa di più complesso del sitarello statico composto da 4 paginette in croce.

In primis, MySQL e PHP non sono aggiornati con regolarità; poi, non sono previsti ulteriori utenti per l’accesso FTP, quindi non è possibile avere più collaboratori con diversi diritti in base al ruolo (per esempio, un semplice utente che può caricare file ma non può cancellarli).

Dimenticatevi il login via SSH, estremamente più pratico e veloce dell’FTP per eseguire operazioni sui file, o per eseguire script di shell schedulati via Cron. Ancor più grave è la mancanza della gestione dei DNS, disponibile solamente come servizio a sé stante legato al semplice nome di dominio. Quindi non è possibile fare configurazioni elaborate, con redirect, terzi livelli, MX separati insieme all’hosting.Un esempio lampante del fastidio che comporta questa politica è quando si vuole usare Google Apps per la propria posta. Normalmente, per attivare Google Apps e avere quindi una Gmail personalizzata con il proprio nome di dominio si esegue una banale registrazione al servizio (gratuita), alla quale segue una banalissima verifica per confermare la proprietà del dominio; poi, basta aggiungere una decina di record DNS (CNAME e MX) che puntano ai server di Google e nel giro di una mezz’oretta si può avere la propria Gmail personalizzata con il @propriodominio.com. Niente da fare: l’unico modo per avere tutto questo è aprire un ticket e chiedere gentilmente a un amministratore di modificare i record DNS. Ok, è possibile, però cheppalle.

Per finire, il favoloso pannello di controllo ci offre ben poco da controllare, visto che le impostazioni PHP, gli utenti, le statistiche elaborate, i moduli Perl e Ruby, la SEO non sono gestibili se non in minima parte e in maniera frammentaria. Plesk o cPanel non sono contemplati, manco a dirlo.

Mi pare più che evidente, poi, che dopo il bell’evento del 29 Aprile 2011, la mossa più sensata che mi è venuta in mente è stata quella di migrare baracca e burattini verso un altro provider. E questa è un’altra storia, perchè stavolta la cazzata l’ho fatta io, e lo spiegherò meglio nel prossimo post, dove parlo di GoDaddy.




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